Il Pd deve capire, smettendo ogni sciovinismo e liberandosi da qualsiasi ipoteca, che oggi è parte del problema italiano, e non della soluzione. È una questione di idee: ne devono venire di nuove, e di migliori.
C’è forse un nesso tra il crack della Lehman Brothers, la banca d’affari che diede il via alla grande recessione, e il fallimento elettorale del Pd. Nel 2008, quattro mesi prima che a New York iniziasse la fine del turbo capitalismo finanziario, il Partito democratico di Veltroni otteneva in Italia alle elezioni politiche dodici milioni e passa di voti; cinque anni dopo con Bersani, nel pieno della crisi del debito in Europa, otto milioni e mezzo; altri cinque anni e, nel 2018, a recessione finita, i voti di Renzi sono scesi a sei milioni e rotti. Un elettorato dimezzato in una decade. E secondo i sondaggi in continuo restringimento.
Forse il destino del Pd era già scritto in quella data di nascita. La sinistra italiana, di origine marxista, approdò con troppo ritardo al tentativo di trasformarsi in una sinistra liberale, più protesa alla creazione di ricchezza che alla sua distribuzione, sulla scia del successo di Clinton negli Usa e di Blair in Europa. Costruì così ……